The Gentlemen, il ritorno a casa di Guy Ritchie

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Trailer ufficiale ita de The Gentlemen

Trama de The Gentlemen

A far da cornice all’intera vicenda vi è un tessuto intriso di attività criminale che vede al centro del completo snodo narrativo Mickey Pearson (Matthew McConaughey) boss londinese ma di predominanti origini americane, boss indiscusso della produzione e del commercio di cannabis. Sul punto di ritirarsi dalla sua attività e godersi il lusso guadagnato in compagnia della moglie Rosalin (Michelle Dockery), pensa bene di mettere la sua (ex) attività nelle mani del miliardario Matthew Berger (Jeremy Strong). Ma i suoi piani apparentemente sotto controllo subiscono varie minacce che ne compromettono l’affare, a partire da Fletcher (Hugh Grant), investigatore privato ingaggiato per indagare sui loschi rapporti intrattenuti dal boss della marijuana; sarà proprio a questi che spetterà il compito di narrare l’intera vicenda sotto forma di sceneggiatura in progress a Raymond Smith (Charlie Hunnam), braccio destro di Mickey, a cui lo stesso Fletcher tenta di vendere la sceneggiatura contente le esilaranti scoperte sul conto di Pearson, in cambio di una cospicua somma di denaro.

Il vecchio Guy Ritchie

Quella di The Gentlemen è la sorpresa arrivata in assoluto silenzio su Amazon Prime Video con quasi un anno di ritardo dalla sua comparsa nelle sale cinematografiche americane, dove la pellicola ha riscosso un grandioso successo permettendogli di sfiorare i 120 milioni di dollari d’incasso al botteghino.

Era il 2008 quando Ritchie ha messo firma al suo ultimo gangster movie RocknRolla prima di abbandonare le terre pestate di criminalità a lui tanto care per dedicarsi a progetti più notoriamente commericali: prima un mezzo tentativo fantasy con King Arthur (2017), per poi toccare l’universo Disney con Aladdin (2019) – di cui il secondo capitolo è già in lavorazione – insomma, quanto c’è di più lontano da prodotti come Lock & Stock o ancora The Snatch. Ecco quindi che The Gentlemen assume in sé la potenzialità della strada verso casa che Guy Ritchie compie dopo ben 12 anni, ritornando a un panorama marcatamente british a metà tra il sofisticato e il brutale di azione adrenalinica.

Fotogramma tratto da The Gentlemen

Recensione de The Gentlemen

Se porre notevolmente l’accento sul ritorno al vecchio cinema di Guy Ritchie era effettivamente l’intenzione del regista stesso, si può considerare ben riuscito il tentativo da un punto di vista prettamente visuale e simbolico: l’universo gangster disegnato è profondamente valorizzato dai fattori estetici del tipico lusso borghese e londinese: scenografie, costumi, accenti spiccatamente british, sono tutte micro (eppure nemmeno troppo) componenti che nel minimalismo della propria matrice dettagliata danno forma a un’esperienza estetico-narrativa accattivante e saggiamente coinvolgente sul piano relativo all’atmosfera generale che avvolge l’ambizioso progetto.

E se il focus desiderato sul fronte visivo è stato pienamente centrato, ciò forse ha privato di una potenziale eccellenza la resa drammaturgica generale, restituendo un prodotto che sì, ha tutte le carte in regola per essere una produzione d’incredibile successo (in particolare sul versante economico-produttivo), ma che risente inevitabilmente degli “anni di fermo” di Guy Ritchie su un terreno che se è stato splendidamente sondato in passato dal regista, oggi avrebbe bisogno di una maggiore accortezza generale per farne davvero di questa pellicola un capolavoro. Pertanto, il caos creativo, tipico di Ritchie, non manca mai contribuendo a una sceneggiatura complessamente articolata che tiene desta l’attenzione dello spettatore per l’intero minutaggio del film, ciononostante alla resa dei conti, si ha la costante sensazione di uno snodo narrativo che anche con estrema fatica non arriva mai a destinazione.

Punto forte su cui l’intera narrazione poggia solidamente le fondamenta e, tutto sommato, riesce a sopportarne il peso, è la forte costruzione operata su un’impeccabile Hugh Grant nei panni dell’investigatore privato Fletcher, che tramite un ruolo fittamente parlato, conduce le redini di gioco che riesce così a essere salvato nel migliore dei modi. Eppure tale meccanismo si estende non al solo personaggio – narratore, bensì alla costruzione dell’intero insieme dei personaggi, vera forza propulsiva di una sceneggiatura che, ribadiamo, manca di un necessario sprint. Viene a costruirsi un mondo, popolato per la maggior parte dai rispettivi background ostentati da dialoghi ricchi in quanto a costruzione dei personaggi, che funge da esercizio di recupero al regista dopo la lunga andata fuori strada di genere.

E’ un mondo metacinematografico che ha in sé tutte le premesse/promesse sviluppate e da sviluppare ancora in futuro, cosa che tutti, ci auguriamo di poter vedere nel nuovo Guy Ritchie, neanche tra troppo tempo.

Note positive:

  • Universo gangster perfettamente restituito sul fronte visivo
  • Ritmo sostenuto
  • Costruzione dei personaggi
  • Cast

Note negative:

  • Mancanza di uno sprint drammaturgico
  • Influenza degli anni di pausa di Guy Ritchie in film a tema gangster
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