The Elephant Man: La storia dell’uomo – elefante

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The Elephant Man (1980) locandina

The Elephant Man

Anno: 1980
Paese di produzione: Stati Uniti l’America
Genere: drammatico,grottesco,biografico

Produzione: Brooks Film
Distribuzione: Cidif Martino, DomoVideo, L’Unità Video

Durata: 124 minuti

Regia: David Lynch

Sceneggiatori: Christopher De Vore, Eric Bergren, David Lynch

Musica:  John Morris

Dop: Freddie Francis

Montaggio: Anne V. Coates

Attori: John HurtAnthony HopkinsAnne Bancroft, John Gielgud, Wendy Hiller, Freddie Jones, Michael Elphick, Hannah Gordon, Helen Ryan, John Standing, Dexter Fletcher, Lesley Dunlop, Claire Davenport, Lydia Lisle, Orla Pederson, Pat Gorman

Trama di The Elephant Man

Nelll’Inghilterra vittoriana ottocentesca, il dottor Frederick Treves, interpretato da Anthony Hopkins, durante uno spettacolo, vede per la prima volta John Merrick (John Hurt), un individuo sfruttato come fenomeno da baraccone in un Freaks Show, attirando il pubblico a causa della sua deformazione corporea, a tal punto da essere  soprannominato “Uomo elefante”.  Il Dr. Treves si prenderà cura di John, che riscoprirà quindi se stesso e la sua vera indole d’uomo. 

Recensione di The Elephant Man

Tre anni dopo l’uscita di Eraserhead con The Elephant Man Lynch ci mostra quella creatura divenuta adulta, raccontandoci la sua impossibile integrazione nella società degli umani. Senza Eraserhead non ci sarebbe probabilmente The Elephant Man, altrettanto sublime ed estremo, ma sicuramente più alla portata del grande pubblico nella sua forma di melodramma, tanto da candidare Lynch a ben 8 oscar

cit. B. Di Mario, Nel teatrino del perturbante 

The Elephant Man (1980) è il primo lungometraggio mainstream hollywoodiano di David Lynch realizzato con un budget di ben sei milion sfruttando la bravura di due grandi attori come con Anthoni Hopkins e John Hurt,

Questo lungometraggio si allontana, in parte, dal cinema che il regista aveva svolto fino ad allora, ad esclusione del classico bianco e nero basato su contrasti e su una tinta metallica, realizzando una storia melodrammatica in grado di condurre lo spettatore a una forte e intensa commozione.  

La storia narrata è basata sulla vita di John Merrick ( (Leicester, 5 Agosto 1862-Londra, 11 aprile 1890), un uomo inglese passato alla storia grazie agli spettacoli dei freaks, e si rifà prepotentemente al romanzo: “The elephant man and mother reminiscences” di Sir Frederick Treves e “The elephant man:a study in human dignity” di Ashley Montagu.

In The Elephant Man, interamente girato in bianco e nero, viene raccontata la storia vera di quest’uomo John, deriso da tutti a causa della sua diversità. Johnn Merrick viene interpretato in maniera a dir poco straordinaria da John Hurt, che riesce a dare quel senso di paura insita in un uomo che sin da piccolo è stato solamente sfruttato e picchiato. Anche il doppiaggio italiano contribuisce a farci provare empatia e tenerezza verso un uomo che vuole semplicemente essere uomo.  Gli altri attori sono riusciti ad entrare perfettamente nel loro personaggio, creando quindi un senso di realismo che permea l’intero film.

Originariamente la sceneggiatura era molto realistica e vicina ai fatti realmente accaduti, ma secondo David Lynch il tutto risultava privo di ritmo cinematografico, così vennero inseriti alcuni elementi fondamentali per coinvolgere maggiormente lo spettatore aumentando il dinamismo drammaturgico. Il primo elemento immesso nell’opera è la divisione tra il giorno e la notte: nella prima avvengono i miglioramenti nella seconda troviamo i momenti di maggior degrado della sua vita. Un altra aggiunta, che si distanzia totalmente dalla realtà, è l’inserimento della parola nel protagonista con cui inizierà a interagire pian piano mostrando a tutti la sua intelligenza e nobiltà d’animo. 

L’importanza, non secondaria, del lungometraggio sta nel andare a trattare alcune tematiche che toccano anche noi, a distanza di più di cent’anni dalla vicenda reale di quest’uomo. 

LA BESTIALITÀ DELL’UOMO

Io non sono un elefante, io non sono un animale, io sono un essere umano!

cit. John MerrickThe Elephant Man

In The Elephan Man abbiamo una prefazione narrativa molto suggestiva e caratteristica del cinema di Lynchiano, essendo realizzata con classiche sovrapposizioni e immagini a rallentatore e sfuocate. La scena rappresenta una donna scaraventata al suolo da un elefante e da questo animale” stuprata”, il tutto mostrata attraverso un uso ottimale del suono che fa udire allo spettatore esclusivamente il barrito dell’Elefante aumentando il pathos emozionale. Alla fine della sequenza visiva udiamo il pianto di un bambino, indubbiamente nato dal rapporto tra essere umano e animale selvaggio. 

La logica figurale del prologo – fatta di continue sovrimpressioni tra l’immagine della donna e quella degli elefanti – ci parla della disgustosa contaminazione tra umano e animale. […] Alla fine del prologo sentiamo il pianto di un neonato: è l’immagine mitica della nascita, il frutto della contaminazione tra specie diverse, che John sa di rappresentare, e che pochi istanti dopo sarà riecheggiato dall’immagine ripugnante del “frutto del peccato originale

cit. Enrico Carocci, Attraverso le immagini. Tre saggi sull’emozione cinematografica, Bulzoni Editore, 2012, p. 110

Tale scena rappresenta, nel proseguo, anche la natura bestiale dell’uomo che sovrasta la stessa natura “umana”. Infatti, come si vedrà nel corso del film, gli uomini, il signor Bytes in particolare, si comportano come delle bestie nei confronti del povero John Merrick, picchiandolo e deridendolo, nonostante lui non possa fare niente in quanto impotente fisicamente.

LO SFRUTTAMENTO

Una delle altre tematiche rappresentate nel film è lo sfruttamento, che qui è verso un uomo, ma che normalmente è verso gli animali. Infatti il povero John viene sfruttato, prima dal signor Bytes e poi dal guardiano notturno Jim, a causa di una delle dipendenze peggiori che appartiene esclusivamente all”essere umano: il vildenaro, per il quale tutti sono disposti a compiere qualsiasi azione. Gli individui che andranno a sfruttare il povero Uomo – Elefante non lo riconoscono come un essere umano ma esclusivamente com un individuo mostruoso, animalesco e anormale. 

LA DISCRIMINAZIONE

Certamente la tematica più importante è la discriminazione e la paura del diverso, cosa dilagante anche nel mondo moderno, a causa del razzismo delle persone. John Merrick in The Elephant Man viene considerato “diverso” non solo dalla gente, ma anche da se stesso, che ormai se lo sente dire da chiunque e pensa che il suo “essere diverso” sia la sua normalità. Ma la sua “diversità” sta solo nella sfortuna di non essere nato uguale alle altre persone.  

Il protagonista della storia sente dentro di sé questa sua diversità come un peso insopportabile e sembra non essere in grado di risollevarsi dalla sua situazione di essere inferiore, solo grazie all’intervento del dottor Trevis, Merrick intraprende un percorso interiore che lo porta a comprendere che ogni individuo e molto di più di ciò che appara e che tutte le persone sono diverse tra loro e tutti sono a loro volta unici e speciali. 

AMICIZIA E AMORE

La mia vita è bella perché so di essere amato

cit. John Merrick

Il mondo comunque non è popolato solo da persone malvagie, ma anche da persone buone, che coltivano l’amore verso il prossimo. Vedendo le persone che lo amano e si prendono cura di lui, John si sente per la prima volta felice in vita sua, simbolo di come la nostra felicità può risiedere veramente nelle piccole cose e simbolo di come la vita, nonostante le tante difficoltà può diventare un bel regalo, se solo troviamo le persone adatte con le quali vivere.

Note positive:

  • Il tempo scorre molto velocemente;
  • L’interpretazione dei personaggi;
  • Il doppiaggio italiano;
  • L’empatia creata col protagonista

Note negative:

  • Nessuna
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