Swiss Army Man – Un Amico Multiuso: Siamo vivi o morti?

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Swiss Army Man - Un amico multiuso recensione locandina

Swiss Army Man – Un Amico Multiuso

Titolo originale: Swiss Army Man 

Anno: 2016

 Paese di produzione: Stati Uniti d’America

Genere: commedia, fantasy, avventura

Produzione: Blackbird, Cold Iron Pictures, Tadmor

Distribuzione: Koch Media

Durata:  1h 37m

Regia:  Dan Kwan, Daniel Scheinert

Sceneggiatura: Dan Kwan, Daniel Scheinert 

Montaggio: Matthew Hannam

Dop: Larkin Seiple

Musica: Andy Hull, Robert McDowell

Attori: Daniel Radcliffe, Paul Dano, Mary Elizabeth Winstead, Richard Gross, Aaron Marshall

Trailer italiano di Swiss Army Man – Un Amico Multiuso

Trama di Swiss Army Man – Un Amico Multiuso

Il film è ambientato su un’isola deserta al largo del Pacifico e si apre su Hank (Paul Dano), un ragazzo naufragato che sta per tentate il suicido dopo aver più volte cercato aiuto con i mezzi a lui disponibili. Il suo tentativo è inaspettatamente interrotto da un cadavere, Manny (Daniel Radcliffe) che viene trasportato a riva dalla corrente. Da questo momento, per quanto possa sembrare inverosimile, i due personaggi non si lasceranno più, aiutandosi a vicenda per sopravvivere.

Recensione di Swiss Army Man – Un Amico Multiuso

Swiss Army Man – Un amico multiuso è un lungometraggio americano del 2016 diretto da Dan Kwan e Daniel Scheinert con interpreti Paul Dano Daniel Radcliffe, presentato in anteprima mondiale il 22 gennaio al Sundance Film Festival.

Il titolo del film gioca con l’espressione Swiss Army Knife usata in Inghilterra e traducibile con: Coltello dell’esercito svizzero, indicando il comune coltellino svizzero. Il termine Knife è stato sostituito da Man spostando la funzione di multiuso dalla figura d’oggetto coltello a quella più personale di Uomo. Tale senso nel titolo italiano è stato ampliato inserendo per appunto ” Un Amico Multiuso” 

Il film è un continuo susseguirsi di scene a metà fra l’inverosimile, il grottesco e l’affronto al “ben pensare” della società che, con il suo potere normativo, prescrive a ognuno/a di noi ciò che è permesso o non è permesso davanti al resto del mondo.

In poco più di 1h 30 il film è densissimo di allegorie e metafore, tanto da confondere e lasciare interdetti/e a ogni cambio di scena. Più livelli di significato si sovrappongono e si incastrano tanto che Swiss Army Man può essere scambiato per una continua allucinazione del protagonista a causa della fame e delle deprivazioni subite sull’isola.

È durante il dispiegarsi delle varie scene che però lo spettatore viene condotto insieme ai personaggi in un viaggio nel profondo e nell’inconscio, attraverso varie tematiche, qui suddivise: 

Non voler morire da soli/e.

I don’t want to die alone

cit. Swiss Army Man – Un amico multiuso

E’ una delle frasi scritte dal protagonista sugli oggetti buttati in mare per chiedere aiuto, è però la paura di ognuno di noi. Da questo punto Hank, per il semplice fatto di vedere un altro essere umano sull’isola, decide di voler vivere e da questo cadavere gli dona, paradossalmente, una continua energia (in modi esilaranti e bizzarri) per continuare ad andare avanti.

È importante che tu ricordi la tua vita

Un amico multiuso riprende di continuo la contrapposizione tra due temi principali, il morire e il vivere, come se Hank e Manny, il vivo e il morto, si rimpallassero a vicenda questi due significati, e nel contempo si spiegassero a vicenda cosa è significato per ognuno e cosa significhi adesso, in una reciprocità che alla fine ci fa chiedere chi dei due sia il vivo e chi il cadavere.

“Cos’è vita?” chiede il cadavere: cosa vuol dire il sesso, la paura, la casa, cosa vuol dire fare schifo, essere strani/e, piangere, essere felici? E soprattutto, “perché allora dire di no a tutto questo?”

Prendersi carico di ciò che ci fa schifo

Una volta che Hank decide di non abbandonare Manny-il morto, ecco che se lo carica in spalla.  Quanta confusione può esistere a volte dentro di noi sulle parti più brutte, “schifose”, in decomposizione, le cause perse, quelle da buttare che ci abitano, tanto da volercene disfare. La realtà è che, con tutto il desiderio del mondo, non è possibile disfarcene senza prima aver deciso di averne cura.

Volevo mollare ma c’era sempre qualcosa che mo lo impediva

cit. Swiss Army Man

E forse le parti rimangono anche “la cosa più schifosa di questo mondo” ma siamo noi a vederle in maniera diversa, sfruttarle e rimanere vivi/e.

“Cosa torniamo a casa a fare se poi non ti è permesso di fare nulla la?”

Allora ci si chiede, una volta riacquistati i significati persi da tanto tempo e le emozioni che sembravano morte:” Tornare a casa o rimanere qui?” , tornare ai tabu, ai “non si fa perché è
strano”, all’essere invisibili oppure portare la fuori quello che il bosco ha fatto (ri)nascere perché “Tu sei speciale e forse tu eri uno di loro che cercava la felicità”?

A noi la scelta.

Note positive:

  • L’agilità nell’incastrare metafore, ricordi, simboli e aspettative che abitano l’essere umano.
  • L’irriverenza e l’ironia che trasformano un tema potenzialmente pesante in un messaggio fresco e “leggero” (ma non banale e scontato).

Note negative:

  • Finale poco approfondito e lasciato alle interpretazioni dello spettatore
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Un commento

  1. Ci sono dei film che sono oggettivamente brutti, per non dire parolacce. Voler cercare significati reconditi in una roba come questa è semplicemente ridicolo. Non ha neanche un senso, non è grottesco, non è demenziale, e di certo non è metaforico e allegorico. E’ veramente una presa in giro. Poter pensare che un film del genere cerchi davvero di trasmettere qualcosa significa cedere definitivamente alla qualità ormai dilagante della cretineria cinematografica e letteraria. Ci sono molti modi per trasmettere ciò che dici nella recensione. Il grottesco è una chiave, l’ironico è una chiave, il drammatico è una chiave. Ma qui non c’è niente di tutto questo. Per dirla tutta, infine, è un film veramente di merda. Di certo non lo dico perché sono un benpensante scandalizzato… Sono ben altre le opere scandalizzanti, anticonformiste, che crepano il bigottismo e la moralità conformista della società. Questo è al contrario un film fin troppo conformista. Conformista nella sua voluta insensatezza. Cercare la metafora in uno che ha paura di scorreggiare in pubblico mi sembra veramente il teatro dell’assurdo. Mi chiedo perché ci sto perdendo ancora tempo dopo aver appena buttato via un’ora e mezzo.. Forse la risposta è nella tristezza del constatare la presunzione di voler vedere chissà cosa in una presa in giro, nel migliore dei casi. Mah.

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