Resurrection (2017): Tra silenzi e sofferenze

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Resurrection locandina uomo pianto disperazione

Resurrection

Anno: 2017

Paese: Belgio

Genere: Suspanse

Distribuzione italiana: Amazon Prime

Casa di Produzione: Fobic Films

Durata: 1h e 50 m

Regia Kristof Hoornaert

Sceneggiatura Kristof Hoornaert

Montaggio David Verdurme

Durata: 1h e 50 m

Attori: Johan Leysen , Gilles De Schryver , Thomas Ryckewaert , Kris Cuppens

Trama di Resurrection

Un giovane spacca la testa ad un individuo all’interno di un bosco, uccidendolo brutalmente. L’assassino inizierà a camminare senza meta all’interno del panorama naturale e boschivo fino a spogliarsi del tutto e immergersi in un fiume per pulirsi dal sangue della vittima.

Un anziano eremita passa di lì con il suo cane e trova il ragazzo quasi del tutto nudo disteso sull’erba. Il tempo sta per peggiorare e il vecchio invita il giovane nella sua dimora. Il primo proverà a iniziare una discussione con lo sconosciuto ma questo, scosso da ciò che ha fatto, non emette parole e fissa l’altro con uno sguardo duro ma assente. 

Recensione di Resurrection

Una storia fatta di silenzi, di parole non dette, di espressioni facciali e di una ambientazione rulare fanno della prima opera cinematografica Resurrection del cineasta belga Kristof Hoornaert un film affascinante e intrigante come concetto artistico e poetico che cerca di spiegare dei temi importanti senza l’uso delle parole ma solo attraverso le immagini e il corpo attoriale.

L’opera prima del belga non è passata inoservata a vari concorsi cinematografici tanto da aver vinto il Capri Breakout Director Award presso Capri, Hollywood 2017, il Prix de la Critique al Festival International de Cinéma d’Auteur de Rabat 2018 e un SIGNIS Award eSpecial Mention Award presso Religion Today Film Festival 2018. La sua prima proiezione del resto è avvenuta proprio all’interno di un festival Tallinn Black Nights Film Festival 2017. 

Benché il titolo possa ingannare,  Resurrection non è propriamente un film religioso, pur andando a toccare tale tema in due scene del film, ma è più che altro una storia interiore tra due personaggi che si incontrano in un momento difficile e triste delle loro vite e che insieme dovranno comprendere come poter sollevare le loro anime purificandole per ritrovare una giusta pace interiore dando un senso alla loro esistenza.

Resurrection si apre su una grigia ed alta palazzina, mostrata attraverso una fotografia in bianco e nero. L’audio fa sentire allo spettatore dei rumori di sirene, di macchine e traffico lasciando l’inquadratura fissa per una quarantina di secondi prima di scendere, attraverso una panoramica, su un evento drammatico: del fumo nero sta lentamente salendo verso il cielo proveniente da un autobus distrutto. E’ avvenuto un attentato. In terra vediamo uomini morti, un individuo che tiene tra le sue braccia una donna e un altro pieno di sangue che scosso cammina con passo lento nella strada dopo essere uscito dall’autobus in fiamme, un altro estrae un bambino fuori dal mezzo saltato in aria. Dopo questa sequenza priva di stacchi, si passa ad uno schermo nero dove verrà inciso il titolo del film.

Tale scena iniziale non è altro che l’overture dell’opera audiovisiva belga ed è essenziale per comprendere il climax in cui il mondo vive ma il vero senso di questa parte narrativa verrà solo compreso verso la fine del lungometraggio.

Il regista, sceneggiatore decide di spostarsi su un ambiente diverso nella scena successiva: siamo immersi nel verde e nel colore di un bosco sempre rivolti, con la macchina da presa, verso il cielo con un inquadratura fissa e lunga. Sentiamo il caldo rumore della vita degli alberi e degli animali con la loro purezza. La macchina da presa si sposta all’interno del panorama andando a riprendere le piante, fino a quando non compare dentro un inquadratura fissa, sbucando dal basso, un ragazzo insanguinato che si copre il volto con le mani. Tale personaggio segna un elemento di forte contrasto con il panorama intorno a noi: la quiete contro la furia.

Da lontano assistiamo alla cruda lotta tra due giovani nel bosco senza vederli mai realmente nei volti. Entriamo nella scena solo attraverso un dettaglio di un sasso che va a spaccare la testa di uno dei giovani uccidendolo. Il resto, la reazione emotiva dell’omicida, la vediamo da dietro le sue spalle.

L’introduzione di Resurrection mette lo spettatore subito dentro al film creando una buona suspanse e immentendo già alcuni elementi contrastanti: la natura con un dolce suono e il mondo degli esseri umani pieno di sangue e di morte che verrà sviluppato anche nel proseguo dell’opera filmica benché ottenga più una connotazione interiore che esteriore. Del resto il film ci concentra interamente, anche grazie ad una ottima fotografia, sullo sguardo dei protagonisti e sui loro silenzi sia del panorama che dei personaggi messi in scena. Le stesse scenografie sono scarne e tutto ciò che vediamo lo troviamo in scena perché è essenziale. Tutto ciò rende Resurrection un film filosofico e poetico dove più che la narrazione conta l’interiorità dei due protagonisti.

Noi non sappiamo nulla sull’assassino , né il suo nome, né il suo volto che vediamo distintamente e chiaramente per la prima volta quando il giovane uomo fa l’incontro con un eremita, che deciderà di ospitare il ragazzo a casa sua.  Non proviamo pena per il ragazzo, ma empatizziamo con l’anziano eremita. Noi siamo come lui, vogliamo sapere la vera identità del giovane e il motivo delle sue azioni e alla stesso tempo proviamo una grande paura per l’eremita e la sua vita. Il giovane lo ucciderà? 

Johan Leysen and Gilles De Schryver in Resurrection (2017)
Kris Cuppens e Johan Leysen in Resurrection (2017)

Il rapporto tra i personaggi

La storia non è sviluppata dal punto di vista drammaturgico, non accadendo niente a livello narrativo se non nell’aspetto interiore. L’anziano scopre ben poco sul giovane e questo non dirà una parola per tutta la durata dell’opera filmica, escluso qualche forte lamento di disperazione.  La storia si concentra sui loro tormenti e paure e sopratutto sul mondo interiore dell’eremita e del perché si è rinchiuso in un posto del genere, isolandosi da tutto e tutti. I due sono come dentro un mondo irreale e il loro unico mezzo di comunicazione e di contatto con l’esterno è procurato da una radio che però mostrerà solamente un mondo auto distruttivo e diabolico.

Vengono sparati corpi d’arma da fuoco da entrambi le parti. Le autorità antisommossa della polizia sparano ai dimostranti. I dimostranti rispondono al fuoco con fucili e pistole. Sta succedendo di tutto, al di fuori del mio albergo, davanti all’entrata, ci sono almeno dieci cadaveri a terra. I notiziari parlano almeno di oltre trenta vittime. Gli attivisti affermano anche di essere presi di mira da dei cecchini, quindi la situazione è completamente degenerata

cit. Resurrection

La radio collega il film al suo inizio, agli attentati terroristici e pone nella mente del pubblico un dubbi: ma il giovane è per caso legato a questi eventi?

I due, in un silenzio tombale e fatto di domande prive di risposta da parte dell’anziano, inizieranno a nutrire un rapporto di grande affetto diventando un punto di riferimento della vita dell’uno per l’altro. Attraverso una scelta registica di narrare la storia con inquadrature fisse e lunghe sui volti degli attori, di una casa spoglia e di un panorama naturale, fatta eccezione per alcuni movimenti di macchina attraverso dei carrelli, si analizza l’interiorità dei due uomini, specialmente quella dell’anziano, mostrando minuto dopo minuto un rapporto tra i due che assomiglia sempre più a quello tra un padre e un figlio.

La storia rimane avvolta da un ampio senso di mistero e suspanse sui fatti e anche il finale rimane ambiguo benché se vediamo la narrazione filmica sul concetto di legame paterno possiamo riuscire a dargli un senso anche se totalmente drammatico e poco positivo. 

Sicuramente è un film complesso che ha più piani di lettura oltre quello del legame paterno, poichè possiamo rintracciare il tema religioso ricollegandolo a Caino e Abele, quello più spirituale e legato agli attentati, e di come espiare le proprie colpe; ma questi temi rimangono troppo nella filosofia e sono affrontati malamente nel film che ha solo un senso reale e concreto attraverso la rilettura dell’opera in chiave affettiva tra un figlio e il proprio padre.

Un applauso va anche ai due attori, al più esperto Johan Leysen e Gilles De Schryver che grazie alla loro bravura attoriale e alle loro espressioni facciali riescono a creare un’ottima atmosfera emotiva e di suspace che la sceneggiatura ha solo nella parte iniziale per poi perdersi totalmente.

Note positive

  • Regia
  • Attori
  • Introduzione

Note negative

  • Mancanza di musica
  • La storia ruota su se stessa per troppo tempo. Il non accadere niente per quasi un ora del film porta lo spettatore alla noia.
  • La sceneggiatura che non riesce a sviluppare la storia nei migliori dei modi
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