Psyco: tra dualismo e schizofrenia

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Scheda Film Recensione Scheda Film

Psyco – Scheda film

Anno: 1960

Paese di produzione: Usa

Genere: Thriller

 

CAST TECNICO

 

Regia: Alfred Hitchcock

Sceneggiatore: Joseph Stefano

Montaggio: George Tomasini

Dop: John L. Russell

Musica: Bernard Herrmann

 

Aspect Ratio: 1.85 : 1

Durata: 1 hr 49 min (109 min)
1 hr 48 min (108 min) (cut) (Germany)

Produzione: Shamley Productions

Distribuzione:  Paramount

 

CAST ARTISTICO

Janet Leigh, Anthony Perkins, Vera Miles, John Gavin, Martin Balsam, Frank Albertson, John Anderson, Patricia Hitchcock, John McIntire, Mort Mills, Simon Oakland, Vaughn Taylor, Lurene Tuttle

 

Recensione

Psyco – Recensione film

In Psyco del soggetto mi importa poco, dei personaggi anche: quello che mi importa è che il montaggio dei pezzi del film, la fotografia, la colonna sonora e tutto ciò che è puramente tecnico possano far urlare il pubblico. Credo sia una grande soddisfazione  per noi utilizzare l’arte cinematografica per creare una emozione di massa. E con Psyco ci siamo riusciti. Non è un messaggio che ha incuriosito il pubblico. Non è una grande interpretazione che lo ha sconvolto. Non è un romanzo che ha molto apprezzato che l’ha avvinto. Quello che ha commosso il pubblico è stato il film puro

Questo è ciò che affermò Alfred Hitchcock durante la sua intervista con François Truffaut e riportata ovviamente all’interno del libro di quest’ultimo. Hitchcock fa sì che sia l’immagine visiva a comunicare con l’idea che tutto ciò che viene detto tramite dialoghi non sono altro che parole perse per il pubblico, infondo la sceneggiatura non è altro che un racconto per immagini. Il regista della suspense è uno dei pochi che è in grado di mettere in mostra i sentimenti primari (desiderio, gelosia, rabbia ecc.) senza l’utilizzo,  del dialogo.

Psyco, film del 1960 diretto da Alfred Hitchcock e interpretato da Janet Leigh (Marion Crane), Anthony Perkins (Norman Bates), John Gavin (Sam Loomis) e Vera Miles (Lila Crane), è il capolavoro del regista nonché maggior successo a livello commerciale, con un budget stimato di $800K ha incassato $32 milioni solo negli Stati Uniti e $50 milioni a livello mondiale, l’equivalente di $440 milioni di oggi. Reso celebre anche grazie alla famosa scena sotto la doccia, un capolavoro di tecnica cinematografica, nella regia e nel montaggio.

TRAMA

Marion, una giovane donna con una difficile situazione sentimentale, ruba quarantamila dollari e fugge via. Nel bel mezzo di un temporale è costretta a rifugiarsi in un motel dove viene assassinata da quella che sembrerebbe essere la madre di Norman Bates, il ragazzo che gestisce il Motel e che è succube proprio di sua mamma.  Quest’ultimo accortosi del delitto fa sparire il cadavere.

La settimana successiva Lila Crane non avendo più notizie dalla sorella Marlon inizia a investigare sulla sua sparizione. La giovane donna, insieme a Sam Loomis, l”amante di Marlon e un investigatore indagando sugli ultimi spostamenti della ragazza si dirigono al Motel. Scopriranno la verità?

ANALISI FILMICA

In ogni film di Hitchcock troveremo sempre una patologia e una perversione, in questo caso è la Schizofrenia: scissione della personalità, rottura dell’io e voyeurismo (perversione), pulsione a spiare senza essere visti. Il film è costruito come il suo oggetto, la schizofrenia, infatti è spaccato in due metà parallele (il centro è la morte di Marion), i due personaggi principali sono divisi in due, persino nei titolo di testa possiamo rintracciare quella scissione:  le lettere dei titoli si spaccano e poi si ricompongono un po’ come le vite degli schizofrenici. Tutte le vicende sono accompagnate dal tema ossessionante dei violini di Bernard Hermann.

Gli elementi filmici

L’inizio dei film di Hitchcock  è sempre fondamentale. Qui ci troviamo a Phoenix l’11 dicembre del 1959 e con vari movimenti della macchina da presa, cambi d’inquadrature e transizioni arriviamo di fronte alla finestra della camera d’hotel dove alloggiano Marion e l’amante Sam. La finestra è un elemento fondamentale in ogni film del regista, è una soglia, e noi spettatori guardando all’interno siamo considerati voyeur, ovvero guardiamo senza consentire a chi viene osservato la reciprocità dello sguardo (tema ovviamente ripreso nel suo altro capolavoro “La finestra sul cortile”).

Un altro elemento ricorrente è la tematica dello specchio: in albergo a Phoenix, in ufficio dove Marion si guarda in uno specchietto portatile, nella sua automobile, a casa sua, nel gabinetto della rivendita di auto usate, al bancone del motel, nelle camere, nella stanza da letto della madre di Norman. Lo specchio rappresenta il tema del doppio e di una personalità divisa in due (una parte buona e una no).

Hitchcock amava fare da comparsa nei suoi film per brevissime scene, ma in modo molto velato, di solito all’inizio del film diventato poi quasi un gioco per il pubblico, in questo caso lo troviamo fuori dal luogo dove lavora la protagonista.

La fuga e Norman

La scena nella quale Marion decide effettivamente di scappare con i soldi ci fa capire e vedere l’idea di Hitchcock di racconto tramite immagini, non c’è nessun dialogo o monologo ma noi solo grazie agli sguardi, all’alternarsi tra lei e l’oggetto desiderato (ovvero i soldi rubati) capiamo tutto quello che le passa per la mente. Un’altra scena emblematica è quella successiva in cui la vediamo, nella sua auto, decisa a fuggire; qui gli passa davanti il suo datore di lavoro che la vede. In questo istante è come se la protagonista venisse smascherata per ciò che ha commesso e lo spettatore si sente esattamente come Marion, scoperto e da questo momento il pubblico tiferà sempre per lei. In noi si genera un sentimento di ansia; lei proverà angoscia e terrore perché sa benissimo che non dovrebbe trovarsi lì. Marion esce dalla città e per colpa della pioggia è costretta a fermarsi nel fatidico luogo che sarà la sua rovina, il Bates Motel. Qui facciamo la conoscenza del secondo protagonista, Norman Bates. Il proprietario del motel sembra molto innocuo, ha paura di dire “bagno” e si vergogna di mangiare con lei nella sua stanza quindi la porta nel salotto dove la sua innocenza inizia a essere messa in dubbio. Il suo viso è illuminato a metà e dal basso, mentre lei ha il viso del tutto illuminato.

Norman ha la passione per la tassidermia ovvero l’impagliare gli animali, in particolare gli uccelli (per Hitchcock questo animale ha un significato molto importante). Il tipo di inquadratura cambia quando lui inizia a parlare della madre e gli uccelli sono in posizione d’attacco, mentre prima erano in posizioni più innocue.

La scena che segue in cui avviene la cena tra i due è una delle scene più iconiche della storia del cinema, quella dell’omicidio nella doccia. Per una scena che dura solamente 45 secondi ci sono ben 70 inquadrature diverse e ci sono voluti 7 giorni di riprese. Il coltello non tocca mai il corpo, ma coi tagli sul montaggio sembra di sì. Dal cerchio dello scarico della vasca da bagno emerge con una dissolvenza incrociata l’occhio immobile della protagonista morta. Tutto questo accompagnato dalla sinfonia terrorizzante degli archi di Hermann.

Da qui inizia quella che è la seconda parte del film nella quale il protagonista diventa Norman. Facciamo la conoscenza anche della sorella di Marion, Lila e del detective privato Arbogast il quale sarà proprio il primo a entrare nella casa di Norman e della madre ma verrà ucciso anche lui da quest’ultima.

Breve spoiler sul finale

Nel finale, i protagonisti sono diventati il fidanzato e la sorella di Marion, i quali giungono anch’essi al motel. La sorella entra nella camera della madre di Norman non trovando però la madre. Quando scende nello scantinato assistiamo alla scoperta del cadavere ormai ridotto a scheletro della madre di Norman e scopriamo che il vero assassino era proprio lui con i vestiti della madre.

Per quanto riguarda lo spazio, al motel ci sono tre livelli: motel (livello strada), casa gotica (sulla collina), stagno (livello inferiore). L’unico che ha accesso a tutti e tre della casa è Norman. Marion può solo i livelli inferiori, la madre solo a quelli superiori. Ricordando i tre stadi del inconscio di Freud, l’Io è il motel (dove Super-io ed
Es si incontrano), lo stagno è l’Es e la casa è il Super-io (dove vengono espresse le pulsioni). Norman infine viene arrestato e sembra che la parte della madre abbia preso il controllo totale nella sua testa in quanto è proprio lei a raccontare tutto quello che è successo allo psicologo.

Il film ci lascia anche con una verità velata, ovvero che tutta la storia gira intorno alla madre che non esiste, nonostante paradossalmente sia una presenza ossessiva. Sappiamo anche che Hitchcock non lascia nessun dettaglio al caso, quindi…qual è il significato della mosca posta nel finale?

Note positive:

  • Regia: magistrale come ci si aspetterebbe da un maestro come Hitchcock.
  • Musica: senza di essa sarebbe tutt’altro film, ci fa immergere perfettamente all’interno della storia e ci fa avere un rapporto empatico con i personaggi.
  • Scenografia: gestita perfettamente, tutti i dettagli all’interno dei posti che “visitiamo” hanno senso di essere dove si trovano.
  • Riguardano il film molte volte prima di scrivere questa analisi non ho trovato note oggettivamente negative in questo film.

Note negative

  • Nessuna, stiamo parlando di un capolavoro
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