OcchioPinocchio, il film più sottovalutato di Francesco Nuti

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Trailer del Film OcchioPinocchio

Partendo dal romanzo di Collodi, Nuti azzarda un film assai inconsueto per la sua filmografia. Altamente stroncato dalla critica e con una miriade di problemi distributivi, la pellicola non ebbe il successo sperato scaturendo l’inizio della discesa negli “inferi” del cineasta toscano.

Francesco Nuti è un artista molto particolare. Sincero, comico e con una vena malinconica che ha fatto innamorare l’Italia dai tempi de “Io, Chiara e lo Scuro”. Sulla scia dei suoi successi, cambia registro, si scosta dalla sua “confort zone” e partendo dal famoso Pinocchio di Collodi, crea un’opera intimista con tratti autobiografici che non ebbe il successo sperato ma che deve essere riscoperto per comprendere a pieno la storia del regista/attore che allontanandosi dai classici canoni della commedia all’italiana, rischia con un film che nessuno si aspettava e che nessuno (compresa la casa di distribuzione) voleva.

Trama di OcchioPinocchio

Pinocchio è un ragazzo con il cervello di un bambino che lavora in un ospizio. Viene contattato dal facoltoso banchiere Brando Della Valle, il quale ha da poco scoperto di essere suo padre e lo porta con sé negli Stati Uniti. Il ragazzo fatica ad adattarsi alla vita fastosa e decide di fuggire, incontrando sulla sua strada la giovane Lucy Light, ricercata dalla polizia per omicidio.

Recensione di OcchioPinocchio

OcchioPinocchio è un film ambizioso, girato in gran parte negli Stati Uniti. Fantastici interni felliniani ricostruiti a Cinecittà per mettere in piedi il sogno del “paese dei balocchi”.

Nuti gira il film della sua vita, un’ossessione, qualcosa di tremendamente personale che aveva dentro, puro cinema d’autore che esterna facendosi pure del male, ritrovandosi solo, con la sua creatura più amata che in pochi capiscono. Segna l’inizio della parabola decadente dell’autore. In un momento autodistruttivo della sua vita Nuti s’inventa una parabola sull’abbandono. Un film che è artigianato prezioso che finisce per distruggere moralmente e finanziariamente il suo autore. Beghe legali a non finire tra regista e produzione con reciproche accuse; Nuti alla fine ci rimette tre miliardi, rinuncia al suo compenso pur di concludere il film della sua vita. E in realtà per lui resta un lavoro non concluso perché esiste almeno un’ora di film (si vocifera) che nessuno ha visto e che Cecchi Gori avrebbe impedito di rimontare. OcchioPinocchio è il film più personale di Nuti, come Joan Lui (1985) per Celentano. Resta il fatto che costa troppo e incassa poco, non viene capito dai fan di Nuti che pretenderebbero il solito film comico e spensierato, non questo cinema d’autore intenso e persino poetico. Non solo il pubblico è sconcertato, ma anche la critica meno attenta lo massacra ingiustamente.

Rivedendolo oggi, viene da chiedersi come facciano ancora i critici a definirlo inconcludente e girato male. Il film è un capolavoro assoluto di tecnica, con i primi venti minuti (Nuti non compare mai) da pura scuola di cinema all’americana; rapidi ed essenziali, divisi tra dissolvenze, e straordinari piani sequenza. Descrive in venti minuti la mostruosità di un impero economico (argomento estremamente attuale) diretto da Brando Della Valle, un Geppetto privo di scrupoli, un affarista che comanda persino la polizia.

Francesco Nuti ci regala un’interpretazione sopra le righe con un personaggio che è un’evoluzione del suo ragazzo ingenuo che non capisce il mondo, approfondendo il tema dell’abbandono che gli sta molto a cuore. Un bambino non cresciuto diventa protagonista di un gotico ironico che parla di alta finanza con l’andamento di una fiaba nera, un Pinocchio emarginato, abbandonato, soprattutto diverso, che non può entrare in sintonia con il mondo. Anche Chiara Caselli, nonostante le tensioni con il regista durante tutta la produzione, ci regala un’interpretazione degna di nota. La sua Lucy trascina il nostro “pinocchio” in un viaggio on-the road alla scoperta di se stesso; ma più che per lui, intraprende questa avventura per salvare se stessa, per ripulire la sua anima dai peccati e per poter vivere in serenità la sua vita. Un nuovo inizio.

Visione moderna di una fiaba, quella di Pinocchio, che è tutto fuorché bugiardo, è un bambino abbandonato, più ingenuo di tutti gli altri personaggi che popolano la sua esistenza. Tutti pregi innegabili di un film che è anche critica spietata al potere della finanza. Ma come tutte le favole, qualcosa di brutto deve pur avere. Nella seconda parte c’è un lieve calo di ritmo che a tratti distoglie l’attenzione, ma per il resto rimane un piccolo gioiello d’autore.

Note Positive

  • Tecnica cinematografica magistrale
  • Fotografia da Oscar
  • Regia attenta ai particolari
  • Attori in stato di grazia

Note negative

  • Nella seconda parte, c’è un lieve calo di ritmo

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