Lapsis: Quando il lavoro mobilita l’uomo

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Lapsis locandina

I contenuti dell'articolo:

Lapsis

Genere: Dramma, Mistery, Sci-fi
Anno: 2020

Paese:Corea del Sud

Produzione: Couple 3 Films

Distribuzione:Film Movement

Durata: 104 min
Regia: Noah Hutton
Sceneggiatura: Noah Hutton
Fotografia: Mike Gomes
Montaggio: Noah Hutton
Musiche: Noah Hutton

Attori:Dean Imperial, Madeline Wise, Babe Howard,

Trailer di Lapsis

Trama di Lapsis

In un presente alternativo, il fattorino Ray Tincelli fatica per mantenere se stesso e il fratello minore malato. Dopo una serie di infruttuosi espedienti, trova un lavoro insolito: tirare dei cavi nel bosco per collegare grandi cubi metallici che servono il nuovo mercato del commercio quantistico. Man mano che si addentra sempre più in profondità nella zona, incontra una crescente ostilità e la minaccia dei robot cablatori, e dovrà scegliere se aiutare i suoi compagni di lavoro, oppure arricchirsi e andarsene.

Recensione di Lapsis

Lapsis (vai qui per leggere l’intervista al regista) è il secondo lungometraggio del giovane Noah Hutton, figlio d’arte di Timothy Hutton e Debra Winger, che si è già messo in mostra con Mosaic (2017) e con alcuni documentari d’inizio carriera. Il suo passato di studente di neuroscienze sembra influenzare le scelte tematiche del regista ciò è particolarmente evidente in quest’ultima opera presentata in Italia al Trieste Science+Fiction Festival 2020.

Il film si apre, in modo significativo, in una sala dove viene portato un televisore da cui, con non poche difficoltà di connessione, viene trasmesso un video che illustra i notevoli progressi della tecnologia, dall’invenzione del telegramma fino al nuovo sistema Quantum in grado di rivoluzionare le comunicazioni e di offrire opportunità impensate a livello economico. Balza subito agli occhi l’alternanza, che attraversa tutta la pellicola, tra sistemi altamente tecnologizzati e altri quasi arcaici, come ad esempio i tira cavi meccanici che i cablatori si portano appresso in opposizione ai Quantum, grandi cubi metallici che neanche prevedono porte di collegamento, oppure alle animazioni schematiche e infantili che illustrano ai partecipanti il lavoro da svolgere rispetto a droni onnipresenti che rilevano la posizione dei lavoratori in tempo reale.

In questo presente parallelo e distopico che si muove il protagonista della storia Ray (Dean Imperial), che si oppone testardamente alla nuova tecnologia e allo stesso tempo deve fare i conti con una condizione economica che non gli permette di curare adeguatamente la malattia del fratello Jamie (Babe Howard, fratellastro del regista) con cui vive. L’occasione della svolta arriva proprio attraverso il Quantum e le opportunità di lavoro che potenti nuove compagnie offrono in quel settore. L’idea è semplice: occorre un gran numero di lavoratori che fisicamente contribuiscano a creare la rete che collega i Quantum, potenti elaboratori, sparsi sul territorio. Si tratta in sostanza di stendere chilometri e chilometri di cavi attraverso boschi e foreste per collegare i vari punti della rete. Per rendere tutto ciò più allettante vengono promessi facili guadagni attraverso un sistema di punteggio basato sulla concorrenza, sulla quantità di chilometri coperti e su percorsi con difficoltà sempre maggiori. Oltre alla competizione tra di loro i cablatori si trovano ad affrontare la pericolosa concorrenza di robot che possono inserirsi sul loro percorso, superandoli e completandolo al posto loro e decretandone l’esclusione.

Il film tocca diverse tematiche: quelle legate alla struttura dell’organizzazione che richiama fortemente le società contemporanee della gig economy, lo sfruttamento di nuove tipologie di lavoratori in mancanza di norme che ne regolano le attività ma anche la pervasività della tecnologia a cui l’uomo si affida incondizionatamente rimanendone sopraffatto, sfiorando in qualche modo anche il tema delle truffe legate a cure miracolose di malattie indefinibili (come nel caso di Jamie). Rimane comunque un film d’intrattenimento giocato sulla soluzione del mistero legato al medaglione che Ray acquista al mercato nero e che porta il nome di qualcun altro suscitando strane e imprevedibili reazioni negli altri partecipanti. La figura di Dean Imperial, con il suo fisico goffo e sovrappeso dell’americano medio che si ritrova a dover fare trekking per guadagnare dei soldi, caratterizza tutto il film che è ben recitato anche dai comprimari con particolare menzione per Madelin Wise che interpreta la ribelle Anna in modo sobrio e misurato. Il ritmo degli eventi è ben strutturato e mantiene la giusta tensione per tutta la durata anche se alcuni dialoghi appaiono forse un po’ troppo lunghi e ridondanti con un accumulo d’informazioni che appesantisce la narrazione.

Hutton riesce a mantenere un equilibrio tra intrattenimento e riflessione realizzando un film piacevole da vedere, con una storia interessante e originale che non manca di lanciare uno sguardo sulla condizione del capitalismo moderno, una satira tranquilla e non polemica sul caos della vita quotidiana.

Note Positive

  • Trama originale
  • Ritmo narrativo
  • Riflessione sulla società

Note Negative

  • Dialoghi ridondanti
  • Accumulo d’informazioni
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