The Sixth Sense – Il sesto senso (1999): Perdita di sé e ritrovamento

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Il sesto senso locandina film

The Sixth Sense – Il sesto senso

Titolo originale: The Sixth Sense

Anno: 1999

Paese: Stati Uniti D’America

Genere: Horror

Produzione: Frank Marshall, Kathleen Kennedy, Barry Mendel

Distribuzione: Buena Vista International Italia

Durata: 1h e 47 m

Regia: M. Night Shyamalan

Sceneggiatura: M. Night Shyamalan

Fotografia: Tak Fujimoto

Montaggio: Andrew Mondshein

Musiche: James Newton Howard

Attori: Bruce Willis, Haley Joel Osment, Toni Collette, Olivia Williams, Mischa Barton, Bruce Norris, Donnie Wahlberg, Glenn Fitzgerald, Trevor Morgan

Trailer de Il Sesto Senso

Nel 1999, il regista Shyamalan dà una svolta alla sua carriera, concependo uno dei film horror più belli di tutti i tempi: The Sixth Sense – Il sesto senso. Inserito nella lista delle migliori 100 pellicole statunitensi, è stato uno dei più grandi incassi nella storia del cinema. Celebrato come film horror di maggior successo di sempre, è stato spodestato dal terrificante lungometraggio di It nell’estate del 2017.

Mescolando malinconia e terrore, tenerezza e timore del diverso, dolcezza e crudezza, il film riesce a toccare il cuore di ogni spettatore in maniera fortemente delicata

Trama di The Sixth Sense – Il sesto senso

Riprendendo il tema del diverso, argomento tanto caro al cinema degli anni ’90, Il sesto senso è una storia fondata sulla perdita e il successivo ritrovamento di sé, in una spirale d’incredibili avvenimenti.

Siamo negli Usa, alla fine degli anni 90 e lo psicologo infantile Malcolm Crowe, di ritorno da una cena in cui ha ricevuto un premio per il suo operato coi bambini, viene improvvisamente aggredito, nella sua stanza da letto, da un ragazzo che gli rimprovera di non averlo guarito dai suoi disturbi.

Il giovane, che è stato destinato a un’esistenza infelice e di gran solitudine, spara al dottore e poi si suicida.

Otto mesi dopo, il dottore non gode più del prestigio di un tempo e gli viene affidato un caso molto simile a quello concernente il giovane che, tempo prima, aveva tentato di ucciderlo. Il suo paziente è un bambino di nome Cole che ha il potere di vedere i morti, il signor Crowe tenta di aiutarlo in qualsiasi modo, di fargli comprendere che una capacità simile non è umanamente contemplata ed è pertanto impossibile che la possieda.

Sempre più diffidente nei confronti del piccolo paziente, lo psicologo si ricrede quando mette in dubbio la sua verità e, tramite una registrazione effettuata nel periodo in cui si prendeva cura del ragazzo che gli ha sparato, capisce che Cole sta dicendo il vero.

L’analista intuisce, quindi, qual è il reale problema del ragazzino e lo invita ad aiutare i fantasmi che gli si presentano quando a questi è necessario il suo intervento. Cole riesce allora a soccorrere gli spiriti di coloro che non hanno ancora trovato pace, per via di conflitti irrisolti e verità abilmente nascoste per mano altrui e a comunicare alla madre la speciale facoltà di cui è dotato.

Risolto il caso, lo psicologo torna a casa, per tentare di riavvicinarsi alla sua coniuge che, dopo il colpo di pistola infertogli dall’ex paziente, ha un atteggiamento ostile e distaccato verso il marito.

(SPOILER) Tuttavia, mentre le parla, si accorge di essere già morto e capisce di essere rimasto ucciso nel momento in cui il giovane suicida ha indirizzato dei proiettili nella sua direzione. Dopo aver realizzato di essere lui stesso uno dei morti vaganti di cui parlava Cole, sente di aver portato a compimento la sua missione, non per un riscatto professionale, ma per un salvataggio di un bambino che sarebbe stato altrimenti costretto a sopportare un’esistenza infernale.

Haley Joel Osment il sesto seno
Bruce Willis e Haley Joel Osment in The Sixth Sense (1999) 1

Recensione di The Sixth Sense – Il sesto senso

Vedo la gente morta. Vanno in giro come persone normali. Non si vedono tra loro, vedono solo quello che vogliono vedere. Non sanno di essere morti.

Il sesto senso

Alle soglie del nuovo millennio, sorsero numerosi dibattiti sui tre soggetti concernenti il consumismo che consuma, la solitudine come nuovo fondamento della vita umana e la banalizzazione della quotidianità.

Il consumismo che consuma

A partire dalla vittoria del sistema capitalistico, il mondo occidentale, ma ben presto l’intero pianeta, grazie al fenomeno della globalizzazione, aderisce a un conformismo spaventoso. Si arriva ad un’omogeneità che si rispecchia nell’importanza che ha assunto il dio denaro, disumanizzando la gente, al punto da farle perdere di vista i veri valori, che facilitavano un’esistenza che, così vissuta, risultava insopportabile.

Nessuno riesce più a essere se stesso, poiché per essere bisogna imitare, modellare la propria vita sugli stereotipi vincenti che, inevitabilmente, dagli anni 80 in poi, ci hanno impedito di essere quello che realmente siamo.

Le industrie della moda, le catene di fast food, i centri commerciali, la musica pop e poi rap producono prodotti standard che la popolazione mondiale deve forzatamente accettare: nessuno sembra, o meglio, deve avere gusti differenti da quelli altrui, altrimenti passiamo per “stupidi”, come passano Cole e il precedente paziente del dottore, agli occhi dei nuovi “viventi”.

Negli USA, più che in ogni altra parte del mondo, il linguaggio giovanile si arricchisce di lessemi che verranno poi inconsapevolmente utilizzati da chi è dotato di basso livello intellettivo – culturale. Stiamo parlando di termini come “sfigato”, “forte”, “loser”, “cool” che delineeranno, dal decennio dei 90 in poi, le regole auree perché la nostra persona possa corrispondere alla figura che una società classista ha assurto a nuova immagine sacra.

Da qui l’ennesima stravaganza di un millennio che non smette di causare danni, pur nascondendosi al di sotto della patina brillantinata che le nuove mode tentano di propinarci, attraverso particolari spettacolari: copertine dorate di un libro stracolmo di pagine scritte da zombie, o per usare le parole di Cole, da gente che è morta e non lo sa.

Bruce Willis e Olivia Williams ne Il Sesto Senso
Bruce Willis e Olivia Williams ne Il Sesto Senso

La solitudine come condizione essenziale della “nuova vita”

Cole: Lei non mi guarda come mi guardano gli altri e non voglio che lo faccia. Non deve sapere

Malcolm: Che cosa?

Cole: Che sono uno scemo.

cit. Il sesto senso

Appare quindi chiaro perché il piccolo Cole è costantemente sbeffeggiato e isolato da tutti. Cole, che non sembra rispettare i canoni imposti dall’alto, è un diverso, un disadattato, uno stupido. Tutto questo è sicuramente frutto di una spietata industrializzazione, che, in realtà, ha semplicemente lasciato emergere e poi portato all’esasperazione una caratteristica propriamente umana, quale il timore del diverso.

Siamo da sempre spaventati da ciò che non possiamo comprendere o spiegare razionalmente, altra ragione per cui Cole è tagliato fuori da ogni contesto, da quello scolastico a quello amichevole. Vedremo spesso, nel corso della pellicola, che il bambino sarà deriso dai suoi coetanei e da un insegnante stesso, nel corso di quella che appare come una tranquillissima lezione scolastica.

L’atteggiamento che ha chi è vicino a Cole, in particolar modo, la stessa madre del piccolo, che appare continuamente spaventata e al tempo stesso disperata per il figlio, riflette il grande dilemma della mente umana.

L’essere umano, fin dall’alba dei tempi, non sembra essere programmato per capire fino in fondo l’altro, egli rifugge, quasi sempre, dai mostri e, appunto, dai fantasmi che le sue conoscenze mostrano, anche solo in superficie, in un’ordinaria conversazione. Poiché mai potremmo comprendere del tutto chi abbiamo al nostro fianco, la solitudine la farà sempre e comunque da padrona, in ogni circostanza.

Non penso occorra ricordare che sentiamo troppo spesso stranezze da parte di chi conosciamo e cerchiamo d’ironizzarle, esorcizzando, in tal maniera, il terrore che hanno esercitato su di noi, quando sono state enunciate.

La pluripremiata pellicola è così straziante proprio perché dimostra, nella sua interezza, quanto la specie umana sia complessa e profondamente contrassegnata da psicosi e nevrosi, da ricordi che ci tormenteranno per sempre, da episodi di vita o di cronaca che hanno lasciato riecheggiare nella nostra testa la fatidica domanda che, quotidianamente, ci poniamo “perché?”.

In una scena, Cole aiuterà una bambina uccisa da una madre che soffre della sindrome di Munchausen: tali patologie sono innegabili realtà e tuttavia, non riusciamo ancora a trovare le parole per comunicarlo, senza che ne consegua uno stato di totale shock, in noi e negli altri.

Siamo così destinati a rimanere soli quando vogliamo combattere i nostri fantasmi, preferiamo tacerli perché l’altro potrebbe rimanerne angosciato, perché chi non coincide col nostro sé potrebbe vedere in noi un nuovo Cole e raddoppiare la solitudine a cui siamo tassativamente consegnati.

Ecco il motivo per cui, a volte, dobbiamo far temporaneamente cessare di esistere quella parte di noi che nella civiltà che intendeva Rousseau, non trova spazio.

La difficoltosa vita umana

Oltre a dover sopprimere le turbe psichiche che ogni essere deve affrontare nel pur breve corso della sua esistenza, il sesto senso pone l’accento sulla tragicità sottostante alla vita umana che nessuno vuole accettare. Nascondiamo, di sovente, i traumi e gli eventi che ci hanno portato a essere quello che siamo, segreti che hanno danneggiato l’io che vive dentro di noi, in maniera irreversibile e definitiva.

Il film horror per eccellenza è, in breve, questo: un concentrato di verità su quello che vorremmo passasse inosservato e invece è parte del quotidiano, fantasmi che prima o poi tutti siamo obbligati a interrogare per liberarcene. Un continuo dispiegamento di energie che la realtà riserva a chi non vuole vedere o capire l’ovvio, per non soffrire ulteriormente. Inutile menzionare la reazione che ha la mamma di Cole nella scena in cui capisce che il figlio dice il vero perché a conoscenza di dettagli facenti parte di un mondo a cui non apparteneva, perché non era ancora nato. La madre di Cole finalmente esplode in lacrime e si libera così dalla paura del diverso, da una comunità che ci vuole tutti uguali e dalla ferma convinzione che la vita sia tutta in discesa.

L’ultima scena è la più significativa dell’intera pellicola, veloci fotogrammi in cui lo psicologo capisce di essere stato, sin dall’inizio, uno spettro, il primo tra tutti quelli che vede Cole. E allora ecco l’affrancamento del suo spirito, l’addio che tutti diciamo a quelle situazioni inaccettabili che mai vorremmo fossero vere e, invece, svaniscono soltanto nell’attimo in cui prendiamo atto della loro effettiva consistenza.

Note positive

  • Il regista ci lascia una sequenza di immagini meravigliose che lo spettatore, incantato, non può far a meno di ammirare.
  • Dialoghi brevi ma dalla bellezza mozzafiato, un viaggio nella profondità degli animi, nella solitudine e nella psiche umana, i tre aspetti che, come bambini viziati, ci piacerebbe e ci piace dimenticare, al fine di trascorrere una vita puramente edonistica.

Note negative

  • nessuna, tutto sembra essere stato studiato nei particolari più minuziosi.
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