Il gatto a nove code (1971): Dario Argento e il suo secondo film de la trilogia zoologica

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Il gatto a nove code la locandina del film

Il Gatto a nove code

Titolo originale: Il Gatto a nove code

Anno1971

Paese di produzioneItalia

Generegiallo

Casa di produzione: ADC, Overseas Filmgroup

Distribuzione: Titanus, Mondadori Video

Durata: 112 min

Regia: Dario Argento

Sceneggiatura: Dario Argento

Montaggio:Franco Fraticelli

Dop: Erico Menczer

Musica: Ennio Morricone

Attori: James Franciscus, Karl Malden, Catherine Spaak, Tino Carraro, Pier Paolo Capponi

Trailer italiano de Il Gatto a nove code

Trama de Il Gatto a nove code

Un tentativo di furto all’istituto Terzi, luogo in cui si stanno tenendo in gran segreto degli esperimenti nel campo della genetica, dà il via a un susseguirsi di strani eventi e di omicidi che mettono in azione Franco Arnò, un cieco con la passione per enigmista che una volta era un giornalista, il commissario Spini e il giovane giornalista Carlo Giordani. Riusciranno a raggiungere la verità?

Recensione de de Il Gatto a nove code

Il Gatto a nove code (Nei titoli di testa, THE CAT O’NINE TALS) è il secondo lungometraggio del regista Dario Argento realizzato nel 1971, dopo il grande successo internazionale della sua opera prima “L’uccello dalle piume di cristallo” dell’anno precedente. Il film, così come il successivo e coevo “Quattro mosce di velluto grigio” rientra nella cosiddetta trilogia zoologica, anche se come possiamo constatare dalla visione del secondo lungometraggio nell’opera filmica non sia presente alcun gatto, bensì il titolo suggerisce un’allegoria, ovvero le nove tracce rappresentanti le code da seguire, in cui basterebbe trovarla una per arrivare alla soluzione del “giallo”.

Il film inizia con l’aggressione alla testa da parte di uno sconosciuto, di cui lo spettatore vede solo il primissimo piano della pupilla, alla guardia notturna in servizio dell’istituto Terzi, grande centro e laboratorio per ricerche importanti e segretissime che spaziano dalla genetica alla biochimica, all’ereditarietà. La polizia capitanata da Spimi e i giornalisti, guidati da Carlo Giordani, ritengono che il motivo di questo gesto estremo e dello scassinamento sia dovuto a un furto, ma dai primi controlli sembra che all’interno del laboratorio non siano stai rubati né documenti né provette. Calabresi, uno dei dottori che lavorano nell’istituto, confida nel suo ufficio alla sua fidanzata, Bianca Merusi, di essere l’unico a conoscere che cosa sia stato rubato e chi ha commesso il reato, ma le rivela di tenere per il momento nascoste le informazioni, non lasciando trapelare nulla alla polizia. Alle diciassette del pomeriggio, alla stazione centrale, ha l’appuntamento con questa misteriosa persona, che decide di ucciderlo, senza dare alcun minimo sospetto tra i viaggiatori, buttandolo sotto il treno che sta per giungere, facendogli rotolare la testa.

Il Gatto a nove code quindi pone le basi su questo mistero che si infittisce sempre di più con una serie di omicidi (oltre a Calabresi, il fotografo dei giornalisti Righetto, Bianca, il dottor Braun) effettuati dall’assassino per eliminare gli indizi e non essere scoperto. Carlo Giordani, parallelamente alla polizia, vuole arrivare alla soluzione dell’indagine, affiancandosi all’ex giornalista cieco Franco Arnò, un abile enigmista che ha delle ottimi deduzioni, accompagnato dalla sua nipotina Lori, orfana di genitori, che verrà addirittura rapita dal serial killer.

Dentro il film: Il gatto a nove code

A livello registico, è interessante come Dario Argento applica l’utilizzo della tecnica della soggettiva per mostrarci come se noi vedessimo con gli occhi dell’assassino mentre compie gli efferati omicidi; quindi l’identificazione spettatoriale non solo è rivolta verso i buoni (Il giornalista, l’enigmista, sua nipote), bensì anche verso il serial killer, tramite l’oggettiva velocissima del primissimo piano della pupilla e dell’iride e la soggettiva delle azioni compiute dall’uomo misterioso, realizzate con macchina a mano per far entrare lo spettatore nella maniera più verosimile possibile nelle situazioni dell’assassino. Il regista cerca anche di depistare dalla verità lo spettatore, facendolo di volta in volta credere, identificandosi con il pensiero del giornalista, che un determinato personaggio sia l’assassino; Franco Giordani andrà perfino a credere, montando una teoria che sembra combaciare, che Anna Terzi, figlia adottiva del Prof. Fulvio Terzi, sia l’omicida, con lo spettatore che sembra avvalorare questa tesi.

Il film, oltre al genere giallo/thriller, affronta e mischia sapientemente altri generi, come: il gangster (la scena del rocambolesco inseguimento in macchina in una Torino semi – deserta, in cui possiamo facilmente riconoscere Piazza Statuto, Piazza Vittorio Veneto, La Grande Madre); l’erotico/sentimentale, nell’approccio tra Anna e Giordani, solo accennato nella fase preparatoria con un’inquadratura sfocata, in cui assumeranno importanza, alla conclusione dell’atto sessuale, i bicchieri di latte, di cui lo spettatore sa’ prima dei personaggi,  di essere avvelenato; l’iconica e suggestiva scena del cimitero di notte tra il giornalista e l’enigmista cieco, che si colloca nel filone del gotico.

Il finale del lungometraggio mostra inoltre la tematica tipica del cinema western delle scazzottate a mani libere tra il giornalista e l’assassino sopra i tetti, e la morte dell’omicida da parte di Franco Arnò, che pur cieco riesce a scovarlo, decretando la sua morte scaraventandolo contro una vetrata nel condotto dell’ascensore. L’opera si nutre inoltre di ottimi tecnicismi contemporanei (il ricordo del personaggio che ripercorre quello che ha visto poco prima, o un flash allo spettatore per mostrargli ciò che il personaggio non ha potuto vedere non trovandosi in quella situazione), ma anche di percorsi di sceneggiatura non particolarmente chiari. Il film pone come punto di riflessione anche il trattamento del suono, con molte battute che hanno un volume basso; questo perché il regista ha voluto rendere l’acustica più verosimile possibile per lo spettatore, come se si trovasse realmente in prima persona in mezzo agli eventi rappresentati.

Note positive:

  • La regia
  • Le interpretazioni attoriali
  • La trama

Note negative:

  • La sceneggiatura
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