Il favoloso mondo di Amélie (2001): gli animi soli

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Il favoloso mondo di amelie locandina

Il Favoloso mondo di Amélie

Titolo Originale: Le fabuleux destin d’Amélie Poulain

Anno: 2001

Paese: Francia

Lingua: Francese

Genere: commediasentimentale

Casa di Produzione: Canal+, France 3 Cinema, UGC Distribution

Durata: 2h 2m

Regia  Jean-Pierre Jeunet

Sceneggiatura Guillaume Laurant e Jean-Pierre Jeunet

Dop  Bruno Delbonnel

Montaggio: Hervé Schneid

Attori: Audrey Tautou, Mathieu Kassovitz, Rufus, Serge Merlin, Jamel Debbouze

Trama de il Favoloso mondo di Amélie

E’ il 29 agosto: tra 48 ore il destino di Amelie si ribalterà

cit. Il favoloso mondo di Amélie

1997. Amélie Poulan è una solitaria, timida ragazza di Montmartre che trascorre le sue giornate lavorando in un piccolo e stralunato bar “Café des 2 Moulins”. Nel tempo libero si dedica ai piccoli piaceri della vita che non comprendono l’interazione con altri individui.

A volte, il venerdì sera, Amelie, va al cinema. Mi piace molto voltarmi nel buio e osservare le facce degli altri spettatori… e poi, mi piace cogliere quei particolari che nessuno noterà mai. Invece non mi piacciono i vecchi film americani che quando il guidatore guida non guarda la strada 

cit. Il favoloso mondo di Amélie

Il 30 agosto 1997, il giorno della morte della principessa Diana, Amélie trova casualmente una scatoletta dietro ad una piastrella del bagno. Apre la scatola, scoprendo al suo interno i giochi d’infanzia di un bambino ormai uomo. Lei prenderà una decisione: troverà quell’uomo e dedicherà la sua stessa esistenza a migliorare la vita delle persone che la circondano.  Tutto ciò la porterà a conoscere i suoi stessi condomini, scoprendo le loro sofferenze ma nel farlo dovrà mettersi per la prima volta in discussione. 

Il favoloso mondo di Amélie l'occhio del cineasta recensione film
Scena de Il favoloso mondo di Amélie

Amélie Poulain: l’eroina parigina di Jean-Pierre Junet

In altri termini lei preferisce immaginare un rapporto con qualcuno che non c’è, piuttosto che creare un legame con quelli che sono lì con lei

 Il favoloso mondo di Amélie

in un mondo privo di gentilezza e di sorrisi tra gli individui,  immersi nel rumore cittadino e nella loro frenesie e ansie, Jean – Pierre Junet decide di immergerci in un universo parallelo: nel mondo interiore di una sensibile e ingenua ragazza francese, Amélie Poulain.   La signorina Poulain vive nel suo piccolo stravagante mondo in cui i piccoli piaceri, quelli più insignificanti all’apparenza, si trasformano nell’elemento più importante all’interno del suo fragile mondo. Sono questi istanti rubati alla confusione del mondo che danno al suo spirito una sorta di benessere interiore. Quei gesti, nascosti alla confusione del mondo e all’apparenza assurdi, sono per lei un rito, attimi per sé stessa, una poesia interiore.  

Coltiva un gusto particolare per i piccoli piaceri: tuffare la mano in un sacco di legumi, rompere la crosta della creme brulee con la punta del cucchiaio e far rimbalzare i sassi sul canale Saint Martin.

Il favoloso mondo di Amelie

Il Favoloso Mondo di Amélie” è l’opera d’eccellenza di Jean – Pierre Junet, riuscendo a esprimere tutto il suo potenziale registico. Nel film unisce magistralmente i suoi classici personaggi ironici e fuori da ogni regola sociale con una storia semplice e tenera, un insegnamento di vita, dedicata proprio a quegli animi puri e soli che il mondo contemporaneo ha messo ai margini.  Il lungometraggio ha ottenuto un ottimo successo in Francia, con ben cinque nomination, compresa quella come miglior film straniero, ai premi oscar del 2002. Purtroppo però i critici decisero di non dargli neppure una statuetta, benché meritasse. Al suo posto ha vinto “No Man’s Land” film bosniaco di Danis Tanovic. 

Il favoloso mondo di Amélie l'occhio del cineasta
Il bacio

La recensione de Il favoloso mondo di Amélie

Jean – Pierra Jeunet, regista e co-sceneggiatore, sa che per narrare la storia degli animi puri e di personaggi fuori dal mondo immersi in una landa di pura fantasia, non può utilizzare le regole del nostro mondo ma deve riscriverle. Per farlo trova una chiave narrativa molto interessante e funzionale alla storia: rendere la vicenda in tutto e per tutto una favola. Non è un caso che il titolo sia “Le Fabuleux destin d’Amélie Poulain”, contenente due parole chiave per intendere l’opera filmica: Favola e Destino. La storia narrata è una favola moderna, in tutto e per tutto, partendo proprio dalla storia. Amélie è la nostra eroina, colei che senza voler riconoscimenti e rimanendo nell’ombra, un po’ come i supereroi Marvel, aiuta alcuni individui che le transitano accanto,  a superare i loro blocchi interiori e non. Poi come ogni fiaba vuole c’è la storia d’amore a cui l’eroina va incontro e che per ottenerla deve lottare.  

Il 3 settembre 1973, alle 18, 28 minuti e 32 secondi, una mosca della famiglia dei Calliphoridi, capace di 14670 battiti d’ali al minuto, plana su rue Saint-Vincent, a Montmartre. Nello stesso momento, in un ristorante all’aperto a due passi dal Moulin de la Galette, il vento si insinua magicamente sotto una tovaglia facendo ballare i bicchieri senza che nessuno se ne accorga. […] Nello stesso momento, uno spermatozoo con il cromosoma X del signor Raphaël Poulain, si stacca dal plotone per raggiungere un ovulo della signora Poulain, nata Amandine Fouet. Nove mesi più tardi, nasce Amélie Poulain.

cit. Il favoloso mondo di Amélie

Una voce narrante, come nelle migliori favole, racconta senza ma e senza perché tutto ciò che dobbiamo sapere, proprio come se dovesse raccontare una storia a dei bambini che non sanno niente su quel mondo così lontano. Attraverso le sue parole, in un lunghissimo incipit introduttivo sappiamo tutto sulla vita di Amélie e delle cause che l’hanno portata a vivere una quotidianità di solitudine ma piena d’immaginazione.  Di qualsiasi personaggio che girano intorno alla signorina Poulain sappiamo tutto, ciò che amano e ciò che detestano. Tutto viene spiegato in maniera molto didascalica, ma il tono del narratore e il montaggio filmico riescono a rendere i primi 10 minuti ironici al punto giusto e con un sapore malinconico da altri tempi. 

Attraverso l’uso della tecnica del narratore onnisciente lo spettatore è in grado di accettare questa storia assurda come reale e normale, benché personaggi come Amélie nel nostro mondo non troverebbero facilmente spazio nella vita. La pecca del film è nei suoi personaggi secondari, che benché risultino simpatici e interessanti hanno il problema dell’assenza di tridimensionalità;  hanno una o al massimo due caratteristiche e per tutto l’arco narrativo: i buoni sono i buoni, i cattivi sono i cattivi. Manca un’approfondimento interiore dei personaggi, che sicuramente è stata una scelta registica, ma stare in una fiaba non vuol dire rendere i suoi personaggi delle belle macchiette utili per far comprendere allo spettatore il succo narrativo senza tanti se e ma. Importante per la riuscita filmica sono state le scelte attoriali: ogni personaggio è ben interpretato dalla sua maschera. Il regista ha il merito indiscusso di aver portato alla ribalta una delle attrici più apprezzate del cinema francese: Audrey Tattou che con il suo aspetto esteriore e attraverso la sua dote artistica incarna alla perfezione l’animo di Amélie e di tutti quei ragazzi e ragazzi che sono bloccati interiormente dalla loro paure.  Amélie è ormai un icona del cinema moderno; senza l’interpretazione di Audrey Tattou il film non avrebbe avuto questo successo. Lei è Amélie.  La scenografia aggiunge elementi di magia all’opera indirizzando il tutto ancor di più verso un’ambiente favolistico e surreale. L’ambiente è molto pulito e quasi perfetto, non c’è confusione nello spazio in cui i personaggi si muovono. La storia benché si svolga nel 1997 sembra essere senza tempo: vediamo elementi di quel periodo storico come le cabine telefoniche, telefoni e abbigliamenti ma il tutto è portato dai colori all’esasperazione, rendendolo il film in un 1997 insolito.  L’estetica stessa delle inquadrature rimanda ai dipinti impressionisti francesi, maggiormente accentuato dal “L’uomo di vetro” che continua a dipingere la  Déjeuner des canotiers di Auguste Renoir. I colori stessi con tinte gialle, verdi e rosse danno un senso di magia all’opera filmica.  Tutto all’interno del film è simmetrico: il personaggio principale si trova sempre al centro dell’inquadratura con una scenografia che va a riempire gli spazi vuoti.    La narrazione visiva appare simile a quella di un cartone animato, sia per la scelta dei movimenti di macchina con molteplici carrelli, zoom e veloci spostamenti in avanti verso i numerosi primi piani dei personaggi, sia per un montaggio che attraverso la musica surreale del poli-strumentista francese Yann Tiersen dà una sensazione emotiva incredibile.  Le stesse interpretazione dei personaggi ammiccano all’animazione, come la scenografia, venendo esasperate all’ennesima potenza. Non troviamo recitazioni naturali, ma i volti del personaggio sono delle macchiette che esagerano ogni tipo di espressione, pur senza cadere nel ridicolo.

Il successo del film è legato alla sua fattura tecnica ma, quello commerciale è dovuto alla sua poesia e al modo in cui ha deciso di narrare la tematica. La storia appare a noi come un delicato sogno, un mondo alternativo in cui i disadattati alla regole sociali possono salire in cattedra raccontando il loro mondo interiore.

Lei non ha mai saputo stringere dei rapporti con gli altri. Quando era piccola, era sempre tutta sola

cit. Il Favoloso mondo di Amélie

Si viene immediatamente asserito un concetto: il nostro essere da adulto è causato dalla nostra infanzia e dalla famiglia. Amelie, per un problema irreale al cuore, non esce di casa e non ha amici. Un solitario per sorridere ha bisogno di usare l’immaginazione ed è ciò che decide di fare e che determinerà il suo carattere per sempre. 

Amelie non è in grado di aprirsi al mondo né è in grado di prendere ciò che vuole. Lei vive nel suo mondo fittizio, fatto di fantasia, trovare i sassi per terra e sognare l’amore. Ma non sa vivere, prendere in mano la propria vita ed agire. E’ un’inetta che non riesce a essere protagonista della sua vita. Il destino però gli va incontro salvandola. 

Amélie ha sei anni. Come tutte le bambine, vorrebbe che suo padre l’abbracciasse ogni tanto, ma lui ha un contatto fisico con lei solo durante il controllo medico mensile. La piccola, sconvolta da tanta intimità eccezionale, non riesce a contenere il batticuore, perciò, il padre la crede affetta da un’anomalia cardiaca. A causa di questa malattia fittizia la piccina non va a scuola. È sua madre che le fa da maestra. 

cit. Il Favoloso mondo di Amélie

Jean – Pierre Jeunet parla al cuore dei solitari cercando di spronarli a uscire dal proprio mondo interiore affermando che per vivere non dobbiamo fingere ma ognuno di noi è ciò che è; solo essendo noi possiamo trovate la nostra felicità, accettando che il 99% del mondo non ci capirà mai.  La descrizione dei personaggi iniziali può farci sorridere, ma forse noi non siamo così? In fin dei conti tutti abbiamo qualcosa di assolutamente folle che ci rende felici, come può essere scattare una foto ai volti degli sconosciuti oppure pulire un attrezzo di lavoro. Tutti noi siamo esseri unici, basta ammetterlo. L’opera in fondo è una critica al mondo attuale in cui ognuno di noi è uguale e identico all’altro, ma bisogna ricordarsi che l’originalità, vivere come siamo, alla gran lunga premia. Solo se noi siamo noi, saremo felici.

Ebbene, dopo tutti questi anni l’unica che faccia fatica a delineare… è la ragazza con il bicchiere d’acqua… È al centro, eppure ne è fuori…” Forse è solo diversa dagli altri

cit. Il favoloso mondo di Amélie

L’uomo di vetro analizza per tutto il film Amélie attraverso il dipinto di Auguste Renoir. Lui non riesce a catturare nel quadro l’emozione di una ragazza con un bicchiere in mano e riconduce a quel personaggio Amélie, affermando che lei è fuori dalla normalità del mondo e che per questo è difficile da comprendere. Tramite le metafore, con cui la stessa Amélie si apre a lui, l’uomo di vetro le fa da mentore spingendola ad agire quello che lui non potrà mai fare, impossibilitato dalla malattia. 

Come in ogni storia che si rispetti lei si innamora di uno strano ragazzo che la ricambia, ma il loro sentimento si trasforma ben presto in un triste gioco di foto e volantini. Amélie si vergogna a mostrarsi a lui, come non dirà mai che è lei ad aiutare gli altri. Lei agisce ma vuole rimanere dietro le quinte. La felicità le fa paura? No! ha paura di essere delusa ancora di più dalla vita e non agisce. 

Mia piccola Amélie, lei non ha le ossa di vetro: lei può scontrarsi con la vita. Se lei si lascia scappare questa occasione, con il tempo sarà il suo cuore che diventerà secco e fragile come il mio scheletro. Perciò si lanci, accidenti a lei! 

cit. Il favoloso mondo di Amélie

La storia è pura poesia, con un pizzico di sensualità. Le scene tra Amélie e il suo Amato sono piene di tensione. Le inquadrature sono strette, sentiamo il loro battito e i il loro respiro, come se potessimo noi stessi toccare la loro pelle. La scena del bacio è pura bellezza, il silenzio la fa da padrona, in un ‘emotività unica. Due personaggi solitari si trovano e si amano.

“Il favoloso mondo di Amélie” è una dolce e tenera favola moderna. Solo per i sognatori e per i puri di cuore. 

Note positive

  • Regia e sceneggiatura
  • La perfomance attoriale
  • Le meravigliose canzoni di Yann Tiersen


Note negative

  • A volte sappiamo troppo dalla voce narrante che eccede negli spiegoni
  • Assenza di tridimensionalità nei personaggi secondari
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2 commenti

  1. Io non la sopporto. La trovo un’orrenda manipolatrice, un’odiosa ficcanaso che si diverte a spiare l’intimità degli altri (vedi i quindici orgasmi rilevati con un sorriso di subdolo trionfo), una tiranna insensibile e autocompiaciuta che trasforma gli altri in burattini e li obbliga a fare quello che lei vuole anche se li mette nei guai e poi si diverte a guardarsi lo spettacolo che le offrono loro malgrado. Costringe anche Nino a raggiungerla mettendo su una caccia al tesoro in cui lui deve correre e saltare come piace a lei per raggiungere la spietata Semiramide travestita da tenera cerbiatta che alla fine aggiunge un altro trionfo alla sua attività di gran burattinaia. Ha una mente da serial killer, piccole manie comprese, la sua determinazione a fare del bene a tutto il mondo ricorda più il Grande Drago Rosso che Pollyanna o Colazione da Tiffany, e nella locandina la sua faccia con su un sorriso furbescamente crudele sembra quella di un clown assassino. Appena finita la visione mi ha lasciato un senso orrorifico. E mi ha fatto pensare a quante volte dietro la bontà ci siano insensibilità, crudeltà e tirannia, quando la bontà è una fissazione insana che impone una legge privata per la propria soddisfazione e non tiene conto della vita degli altri. Sarebbe una splendida assassina psicopatica in una storia di Dylan Dog.
    [-]

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